In precedenza , nei casi di accertamento da “Redditometro”, il contribuente doveva dimostrare per quale motivo disponeva di redditi in contrasto con quanto dichiarato (spesso, nella pratica, redditi esenti o già assoggettati alla fonte). Ora non è più sufficiente dimostrare la mera capacità di reddito, ma si deve spiegare anche come sono poi utilizzati tali redditi per le proprie spese. Poter dimostrare da dove arrivano tali soldi non è più sufficiente a superare la presunzione di reddito non dichiarato.
Una sentenza di Cassazione (n.916/2016) ha ribaltato totalmente il precedente orientamento (Sentenza n.7339/2015): ora, per difendersi dal Fisco, non basta “semplicemente” dimostrare di aver ricevuto (ad esempio) una donazione; documenti alla mano, bisogna dimostrare come sono collegati tali redditi con le spese effettuate. Secondo la Cassazione, infatti, nonostante non vi sia l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, i contribuenti devono comunque trovare il NESSO tra tenore di vita praticato e disponibilità di risorse finanziarie.
La sentenza cancella totalmente precedenti pronunciamenti più “soft” (Corte Suprema n.6396/2014) nei quali, in seguito ad accertamenti sintetici per incrementi patrimoniali, l’onere della prova in capo al contribuente “…riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati – e che questa circostanza sia – idonea, da sola, a superare la presunzione dell’insufficienza del reddito dichiarato”.
Alla luce di questo, resta assodato il fatto che al contribuente non basterà più dimostrare l’infondatezza della presunzione, ma occorrerà anche fornire tutta la documentazione giustificativa delle singole spese.