Il reverse charge IVA (o inversione contabile) è un particolare meccanismo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) in cui l’obbligo dell’imposizione fiscale viene traslato dal venditore all’acquirente.
Il reverse charge IVA rappresenta quindi un meccanismo contabile e fiscale la cui finalità è quella di eliminare l’evasione dell’IVA, una delle imposte più evase nel panorama europeo.
In effetti, scopo della sua creazione è stato proprio quello di combattere l’evasione e l’elusione fiscale ai fini IVA. Il riferimento normativo è rappresentato dall’articolo 17 del dpo 633/1972 (Decreto IVA).
Vediamo come funziona:
In termini pratici il reverse charge IVA rappresenta quel meccanismo tecnico contabile per effetto del quale:
A) il venditore emette fattura senza addebitare l’imposta (come normalmente dovrebbe fare);
B) l’acquirente integra la fattura ricevuta con l’aliquota di riferimento per il tipo di operazione fatturata e, allo stesso tempo, procede con la duplice annotazione nel registro acquisti (fatture di acquisto) e nel registro vendite (fatture emesse).
Vediamo ora un esempio pratico.
Si ipotizzi un’operazione di vendita tra due soggetti nella quale l’acquirente è soggetto passivo dell’imposta (nel senso che soddisfa i tre presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale ai fini IVA).
La fattura viene emessa per euro 1.000 con codice di esenzione IVA articolo 17.
Il soggetto acquirente, invece, riceverà una fattura da euro 1.000 ma la registrerà integrandola con l’IVA, che nel nostro esempio ipotizziamo pari al 22%.
In contabilità il soggetto acquirente evidenzierà l’IVA sia in dare che in avere, in modo da neutralizzare il suo effetto.
Riepilogando: il reverse charge IVA (o inversione contabile) si concretizza nell’emissione dell’autofattura, in modo tale che sia il destinatario a corrispondere l’IVA all’Erario anziché il fornitore.
Immaginiamo per un attimo che nel nostro esempio di prima non si fosse applicato il reverse charge. In questo caso ci sarebbe stata una fattura con IVA e sarebbe stata versata al fornitore; quest’ultimo (si spera) l’avrebbe versata allo Stato mentre l’acquirente l’avrebbe portata in detrazione.
Applicando il reverse charge IVA, invece, entrambe queste operazioni vengono effettuate dall’acquirente.
Quest’ultimo addebiterà l’IVA sulla cessione al consumatore finale, il soggetto passivo effettivo dell’imposta.
Il reverse charge IVA (o inversione contabile) ha trovato la sua applicazione originaria e naturale negli scambi comunitari, anche al fine di evitare le cosiddette «frodi carosello».
Tuttavia, in Italia come in altri paesi membri dell’Unione Europea, il reverse charge IVA o inversione contabile ha avuto larga applicazione soprattutto in materia di edilizia.
Il reverse charge IVA edilizia rappresenta però solo uno dei diversi ambiti di applicazione del meccanismo di inversione contabile.
In quali altri casi si applica il reverse charge IVA?
Il riferimento normativo sono i commi 5 e 6 dell’articolo 17 del dpr 633/1972 che individuano i seguenti ambiti di applicazione per il reverse charge IVA:
Il campo di applicazione del reverse charge IVA è stato progressivamente esteso dall’evoluzione normativa comunitaria degli ultimi anni. Dal settore dell’edilizia a quello immobiliare, andando a toccare anche il settore hi tech.
L’ultimo esempio, a questo proposito, è rappresentato dall’estensione del reverse charge IVA a pc portatili, tablet e console da gioco.
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